Il nostro direttore sanitario, dott. Michele Pizzinini, ci parla della farina d’insetti.
La farina d’insetti entrerà a far parte della nostra dieta?
“Mia nonna, nata negli ultimi anni del 1800, mi raccontava che allora, in primavera, i bambini andavano nelle campagne e con delle lunghe pertiche scuotevano i rami degli alberi da frutto, in particolare dei ciliegi, per far cadere a terra i numerosissimi maggiolini. Questi venivano raccolti in grande quantità nelle ceste e portati a casa, dove le donne li mettevano poi ad “abbrustolire” nei forni a legna. Quando i maggiolini si erano completamente essiccati, venivano macinati con un pestello e se ne faceva una farina, completamente nera, che veniva aggiunta alla polenta e in genere ai miseri piatti di allora, nutrizionalmente molto carenti, per arricchirli di proteine.
In un certo senso potremmo quasi dire che furono dei precursori delle moderne tecniche di preparazione delle farine di insetto di cui si parla diffusamente negli ultimi anni.
In molti paesi del mondo mangiare insetti è perfettamente normale. La FAO stima che gli insetti siano parte delle diete tradizionali di almeno due miliardi di persone e sono più di mille le specie d’insetti consumate regolarmente: coleotteri (31%), bruchi (18%), formiche (14%), grilli (13%), cavallette, locuste sono quelle più diffuse. D’altra parte gli insetti contengono valori di proteine compresi tra il 10 ed il 70 % della loro massa secca, contro il 15-20 % della carne. La polvere di grillo contiene, su 100 g di prodotto, una media di oltre il 65% di proteine.
Le proteine degli insetti sono di elevato valore nutritivo: sono infatti presenti tutti gli aminoacidi essenziali e sono pertanto di un valore biologico superiore alle proteine di origine vegetale.
Qualcuno inorridisce all’idea di mangiare un insetto ma non ci facciamo lo stesso problema a mangiare i gamberetti o le cozze nonostante gli insetti siano più ‘puliti’ in quanto si nutrono solo di piante fresche, mentre crostacei e mitili si nutrono di scarti organici presenti nelle acque. In passato erano ben noti i casi di colera causati dal consumo di cozze.
Gli insetti poi trasformano i vegetali in cibo molto più efficacemente di altri animali (ruminanti, maiali, polli), producendo minore impatto ambientale, con scarsa produzione di CO2. Considerando poi che il ciclo vitale di un insetto dura mediamente 45 giorni, mentre quello di un animale da carne può durare anche 24-36 mesi, pensate all’enorme differenza nel consumo di acqua, di suolo e di energia.
Quando parliamo di farina di insetti, non dobbiamo pensare che essa venga utilizzata in alternativa alla farina di frumento che si usa per fare il pane o la pasta, ma dev’essere vista come un’aggiunta, come oggi si usa fare con le proteine del latte, che vengono aggiunte per arricchire o lavorare meglio un prodotto.
Anche l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare in un parere del 23 marzo dello scorso anno stabiliva che la polvere di grillo è sicura alle condizioni e ai livelli d’uso proposti e, dovutamente lavorata, poteva essere utilizzata nella lavorazione del pane, dei grissini, dei crackers, delle barrette ai cereali e così via.
Nel suo parere l’Autorità considerava anche che “il consumo di polvere parzialmente sgrassata di grillo domestico può provocare reazioni allergiche nelle persone allergiche ai crostacei, ai molluschi e agli acari della polvere” in quanto la chitina è una sostanza comunemente presente nei gusci e negli scheletri di insetti e molluschi.
Con la farina derivata dagli insetti non si vuole cancellare le proprie tradizioni culinarie, ma dare alternative, ambientalmente sostenibili, per rispondere all’aumento della richiesta alimentare.
A fronte di un incremento della popolazione, che recentemente ha raggiunto gli 8 miliardi di abitanti sulla terra, c’è un urgente bisogno di individuare nuove fonti proteiche. E gli insetti rappresentano un’alternativa sostenibile e accessibile, rispetto alla carne ed al pesce.
Tra cinquanta o cento anni l’enorme progresso delle conoscenze scientifiche e lo sviluppo di tecnologie produttive sempre più innovative, ci porterà a consumare cibi che oggi non siamo nemmeno in grado di immaginare.
Chissà che cosa mangeranno i nostri nipoti!
Dott. Michele Pizzinini, Specialista in Scienze dell’Alimentazione, Diabetologia e Malattie del ricambio